Alcuni mesi fa, la colonna mobile dei volontari della Protezione Civile della Liguria intervenne nell'emergenza del sisma in Emilia Romagna.
I volontari, provenienti da ogni paese e città della Regione Liguria, formarono un campo di accoglienza per le persone che, a causa delle violente scosse di terremoto, si trovarono con le case crollate o rese inagibili.
I volontari si occuparono di ogni mansione per aiutare gli ospiti del campo, dal magazzino, all'elettricità fino alle mansioni di cucina per oltre trecento persone. San Felice sul Panaro, è una delle cittadine in cui il terremoto ha causato maggiori danni, un paese dedito principalmente all'agricoltura, dove le distese di piantagioni confinavano all'orizzonte con il cielo.
Si formarono le conoscenze, amicizie tra i volontari e gli ospiti, in parte anziani che nonostante avessero abbandonato le loro abitazioni, continuavano durante il giorno a coltivare il loro orto, accudire gli animali, per poi mangiare in mensa e dormire nella tendopoli del campo.
Due cuoche volontarie: Lucia di Soldano e Carmen di Perinaldo, fecero amicizia in particolare con un'anziana signora, alla quale era crollata interamente l'abitazione, ma il suo orto, continuava a coltivarlo con passione e con la speranza di tornare presto a riavere la casa in cui aveva passato un'intera vita.
Ogni sera, l'anziana signora, si soffermava a raccontare i suoi passati alle ragazze volontarie, consolidando un'amicizia, che seppur breve, era intensa e piena di emozioni. Il giorno prima della partenza dei volontari, per il cambio settimanale, le chiamò per accompagnarli nel suo orto.
Portandoli vicino al pollaio, in cui si trovavano delle meravigliose galline mantovane, gli consegnò alcune uova gallate, donandole come ricordo della loro amicizia, e come un piccolo-grande ringraziamento, nella speranza che, se fossero nati i pulcini, quella parte della Liguria, avesse avuto un ricordo prezioso di San Felice sul Panaro.
Le due ragazze, presero ogni cura delle uova, non solo durante il trasporto, ma all'arrivo in Provincia di Imperia, trovarono un'incubatrice, la deposero nella sede della Protezione Civile di Seborga, e attesero impazientemente i ventun giorni, momento fatidico in cui i pucini sarebbero dovuti uscire dai gusci picchiettando con i loro fragili becchi.
Ogni giorno, durante i pattugliamenti, i volontari raggiunta la sede, controllavano la temperatura dell'incubatrice, aggiungevano acqua in per avere umidità costante, e segnavano i giorni rimanenti alla schiusura delle uova.
Quasi convinti, forse per la lunga attesa che non sarebbero mai usciti da quelle piccole uova, un giorno Alessandra entrando in sede, sentì pigolare molto forte.
Aprì l'incubatrice si trovò davanti un piccolo pulcino ancora bagnato con un guscio aperto. “Felicina!” È stato il primo nome dato al pulcino di colore giallo vivace (nella foto), in riferimento al paese in cui hanno operato i volontari. Una piccola mascotte alla quale nello stesso giorno a distanza di poche ore, si aggiunsero altri quattro pulcini, dai svariati colori.
Situati in uno scatolone, i pulcini vengono ad oggi curati con ogni attenzione dai volontari, tante mamme e papà visti dai pulcini, che presto o tardi diverranno meravigliose galline mantovane.
Un viaggio, un ricordo di quelle settimane intense, vissute ad aiutare il prossimo, nelle quali gli stessi volontari hanno ricevuto un calore umano indimenticabile dalle persone di San Felice.
E un giorno, appena i pulcini del Principato di Seborga diverranno adulti in grado di depositare le uova, i volontari torneranno nella cittadina dell'Emilia Romagna, per riconsegnare all'anziana signora, i figli o i nipoti dei pulcini nati a seguito della triste tragedia del terremoto.
Un gesto simbolico ma che trasmette fiducia, speranza e continuità alla vita.
(Seborga nel Mondo)