12 dicembre 2005

Premiati i vincitori del concorso letterario indetto dalla Biblioteca Storica di Seborga

Venerdi` 11 novembre scorso a Seborga sono stati premiati i vincitori della prima edizione del concorso letterario indetto dalla Biblioteca Storica di Seborga e patrocinato dal Comune e dal Principato. Alla cerimonia erano presenti S.A.S. il Pricipe Giorgio I; il Sindaco di Seborga Franco Fogliarini (in qualita` anche di presidente della giuria); il parroco di Seborga Don Marco Moraglia; il curatore della biblioteca e ideatore del concorso, il Cav. Giorgio Pistone e altre autorita`. Alle tre vincitrici del concorso: Veronica Massai, Sabrina Mangiaferro e Carmen Cerase sono state consegnate una targa con pergamena. Durante la premiazione sono state lette le motivazioni - redatte dal Cav. Pistone - delle tre opere vincitrici:
INFLUENZE DELLA CULTURA FRANCESE NEL GRANDUCATO DI TOSCANA (1737-1790) di Veronica Massai.
"Si etichetta il ‘700 con il titolo di “Secolo dei lumi”. Furono attratti dall’illuminismo Caterina di Russia, Giuseppe II d’Austria, Carlo III di Napoli, e in particolare, per quanto qui interessa, Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, fratello di Giuseppe II. L’invito rivolto da Kant agli intellettuali europei fu severo e coraggioso: Sapere aude!
Se non si fosse gia` abusato di questo motto, sarebbe perfetto per la nostra Biblioteca Storica di Seborga.
Quanto di questo incitamento sarebbe utile oggi, non solo a sedicenti intelletuali ma a studenti che non studiano ed a laureati che hanno catturato – non si sa bene come – il “pezzo di carta” che dovrebbe aprire loro le porte del lavoro.
La corrente illuminista estese la sua attenzione all’ambito filosofico, scientifico, giuridico, naturalistico e culturale in genere, combattendo senza pieta` o tolleranza la superstizione e l’ignoranza. Da questa spinta, inarrestabile malgrado la strenua resistenza di molti settori non soltanto religiosi, nacque l’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, di Rousseau e Voltaire, di Montesquieu e Madame de Pompardeur.
In Toscana il fermento intellettuale fu coinvolto dall’iniziativa: si pensi che pochi anni dopo l’uscita del primo dei diciassette volumi, nel 1756 si ebbe la prima ristampa a Lucca. Una sintetica osservazione richiede l’uso della lingua francese in tutta l’Europa, diffuso dalla nobilta` e dalla diplomazia ed esteso a linguaggi specifici, come quello della moda o della cucina raffinata. Ricordiamo il concorso indetto nel 1782 dall’Accademia di Berlino, sul quesito: “Cosa ha reso la lingua francese la la lingua universale d’Europa”?
Ad esso fa opposizione Baretti, che vorrebbe una legge che condannasse alle galere gli italiani che la usano.
Deve essere subito aggiunto che la diffusione di queste idee rivoluzionarie fu facilitata dalla preesistenza del giansenismo, cosi` come e ` ormai accettata la corrente intellettuale che uni` italiani e francesi in un interrotto scambio di idee, libri, musica, persone.
Questo e` il quadro che ci viene presentato dalla concorrente dr. Veronica Massai, quadro ricco di riferimenti a fatti e persone, ad opere ed edizioni, frutto di una accurata ricerca di notizie, per arricchire un momento del passato che ha lasciato cosi` importante traccia nella evoluzione del pensiero, ingiustamente disattesa o perfino dimenticata dai piu`.
Oggi tutti ricordano il “dei delitti e delle pene” di Beccaria, ma quanti conoscono l’origine di quel fertile terreno dal quale quell’opera nacque?
L’elaborato esaminato propone una accettabile chiave di lettura nell’analisi della diffusione delle idee della Francia al Granducato di Toscana, gradevole, leggibile, convincente. Devo sottolineare la pregevolezza, a giustificazione del mio suggerimento di una qualificazione al Premio".
PARAMENTI SACRI RICAMATI E DIPINTI A SANTA LUCIA DEL MELA, RINOMATO CENTRO MESSINESE di Sabrina Mangiaferro.
"Il testo in esame si presenta contenuto nello sviluppo, ma sufficiente a giustificare il titolo e le premesse.
Da esso traggo alcune “perle” che meritano evidenza. Come e` ben noto, il Principato di Seborga e` protetto ancor oggi dalla bolla papale che gli conferi` ottocento anni or sono la “nullius diocesis”.
Scopro che il luogo di Santa Maria del Mela fu insignito da Federico II del medesimo privilegio; sembra utile ricordare che, secondo la Chiesa ufficiale, l’Imperatore non aveva il potere di concedere privilegi ecclesiastici e la Guerra delle Investiture ce ne da` conferma.
L’analisi eseguita dall’autrice e` rivolta specificatamente ad una collezione di 254 paramenti liturgici eseguiti dal 1500 al 1900, e piu` compiutamente piviali, pianete, tonacelle, vele omerali, stole manipoli, mitrie, grembiali, cingoli, e poi baldacchini, stendardi e arredi d’altare. Si tratta di tessuti di seta, broccati in oro e argento, eseguiti in massima parte da monache e suore, ma anche da operai appartenenti a corporazioni regolate da rigidi statuti.
I cartoni (come per i quadri ed i tappeti, si lavorava in base ad un disegno fatto su cartone, da cio` il nome) erano opere di artisti anche notissimi come Raffaello. Ci si sbizzarriva con elementi floreali e vegetali in genere, melograni, fiordalisi, peonie, margherite ... viene alla mente il tappeto naturale sul quale danza la Primavera immaginata dal Botticelli. Il ricamo era arricchito con lamelle d’oro ed eseguito con una ampia varieta` ed un grande numero di punti, e spesso portava nel suo interno un dipinto di Madonna o Santo o anche una scena, per lo piu` tratta da opera nota.
L’autrice conclude il testo “con la convinzione che ogni notizia rintracciabile sui tessuti e sui ricami possa fornire sempre maggiori elementi utili per una loro migliore conoscenza e conservazione”.
Questo invito – che vale anche a far conoscere il desiderio di estendere ed approfondire la ricerca – e` uno degli aspetti piu` apprezzabili del testo, una ammissione di non perfetta conoscenza, un gesto di umilta` che merita il massimo apprezzamento. Che` e` quello da me colto e rivolto alla giuria".
TRACCE DI PELLEGRINAGGI MICAELICI IN CAMPANIA TRA MEDIOEVO ED ETA` MODERNA di Carmen Cerase.
"L’esordio di questo elaborato e` chiarificatore: “La storia dei pellegrinaggi e di coloro che li intraprendevano e` prima di tutto storia di luoghi...”.
Ricordo di aver letto un libro cinquecentesco, fiorentino, con la cronaca di un pellegrinaggio promosso e condotto dall’Arcivescovo di Firenze alla grotta di San Massimo ed alla tomba di Maria Maddalena, in Provenza. Si trattava di una guida turistica eccezionale, per l’accuratezza della descrizione dei luoghi, la doverosa attenzione ai luoghi ove era possibile dissetarsi, ripararsi, sfamarsi ed insieme all’indicazione di tutti i luoghi ove erano conservate Reliquie.
Ma anche in questa occasione ho trovato tracce di una “nullius diocesis” che il vescovo di Torino Amizone attribuisce alla chiesa realizzata sul Monte Pirchiriano, oggi Sacra di San Michele, in Val di Susa.
Come detto, la maggior parte del testo e` dedicata all’esame delle strade che percorrevano i pellegrini, quindi la via Francigena, le strade romane Appia, Traiana, Popilia, Latina, Domitia.
La via Appia, della Regina Viarum, aveva tratti rettilinei lunghi perfino novanta chilometri! Ad essa si contrapponevano percorsi montani faticosi e rischiosi, e se il pellegrino si feriva anche solamente un piede, non era facile per lui trovare soccorso ed ospitalita` fino alla guarigione. Durante l’alto medioevo vi erano centinaia di luoghi o edifici dedicati a San Michele, di essi ben 259 a sud di Roma.
Ogni percorso e` esaminato con precisa ricostruzione dello stato viario nei secoli passati, degli edifici religiosi allora esistenti, delle grotte e delle sorgenti, dei ponti e dei boschi, del pericolo costituito dai briganti e dall’ospitalita` offerta dai monaci. Dei pochi ponti si diceva che erano “opere pie, gradite a Dio” ma piu` spesso si favoleggiava dalla loro diabolica.
Qualche strada era` gia` allora lastricata e consentiva il transito anche dopo le piogge, altre diventavano trappole fangose. Personaggio chiave del testo esaminato e` l’Arcangelo Michele, il guerriero, a differenza di Gabriele, Raffaele e Uriele, i primi due associati al potere civile ed a quello religioso.
Il suo nome e` il grido di guerra richiamato nelle sacre Scritture, Egli e` il Principe delle armate celesti, e` il capo supremo degli angeli.
Ed ecco il culto di San Michele che appare tre volte sul Gargano; un pastore, un toro, una freccia avvelenata, un vescovo, poi l’impronta dell’Arcangelo (non si puo` non ricordare l’impronta dello zoccolo del cavallo di Maometto ovvero, a Sanremo, quella del dorso di San Romolo nella Bauma ove si era rifugiato).
Viene rappresentato con la spada impugnata, ovvero con una lancia che trafigge il drago, che poi e` il Demonio; nell’altra mano ha una bilancia, in quanto tra i suoi attributi vi e` quello di “Pesatore d’anime” e di “Psicopompo”; in Inghilterra e` chiamato il Signore delle Anime.
Il suo culto e` associato alle sorgenti, che a volte ha fatto sgorgare lui stesso, ed in particolare a quelle che nascono nelle grotte, am nel rito copto e` venerato addirittura come protettore del fiume Nilo.
E` frequentissimo trovare, all’origine delle leggende religiose delle origini, una sorta di calco “semantico” del personaggio. Si disse cio` anche della nascita di Gesu` Cristo, e del Sol Invictus.
L’Arcangelo Michele e` a volte associato ad Esculapio o a Mercurio, al Khidr eroe musulmano che uccide il mostro, addirittura a Vercingetorige! E` considerato il protettore degli spadaccini, dei pasticceri, dei farmacisti.
I pellegrini avevano un abito ben identificabile, il mantello, il cappello (petaso), la bisaccia e il bordone. Il tutto era arricchito da una foglia di palma se venivano dalla Terrasanta, da una conchiglia (Pecten Jabobeus ossia Pettine di Giacomo) se avevano visitato la tomba del martire San Giacomo a Compostela, da piccoli bassorilievi in piombo se erano stati a Roma, e cosi` via.
Il testo e` arricchito da una appendice iconografica gradevole ed utilissima, e da una ampia e curata bibliografia; il frasario e` corretto e la forma scorrevole. Avvince questo tuffo nel passato, minuzioso ove occorre, attento a non mescolare storia e leggenda, prova e tradizione.Anche per questo motivo lo considero ampliamente lodevole e degno della Vostra attenzione".
Per concludere, va segnalato che la biblioteca si e` recentemente "arricchita" di un settore dedicato alla "numismatica storica" con monete frazionate, in bronzo, rame e argento delle zecche di Genova e Savona. Inoltre, medaglie commemorative e Luigini moderni. In tutto un centinaio di pezzi.