Poco ma buono: l'olio reinterpretato in cucina.
Ha lavorato con Gualtiero Marchesi a Milano, Alain Ducasse a Montecarlo, a Le Gavroche a Londra, con il maestro della pasticceria Pierre Hermé da Fauchon a Parigi. Le tre stelle Michelin erano un po’ la sua carta di identità, poi lo chef Davide Oldani ha scelto di tornare nella sua Lombardia e di aprire il D’O, un piccolo ristorante, o meglio una trattoria, a Cornaredo.
Il locale propone una cucina di tipo tradizionale, utilizzando prodotti di altissima qualità, ma di provenienza locale, il che consente di mantenere i prezzi bassi. E’ una proposta “democratica” che non dimentica però le lezioni dei grandi maestri.
In questo tipo di cucina non può mancare l’olio d’oliva, in particolare quello di olive taggiasche prodotto a Seborga da Vittorio Corsini. “Preferisco questo tipo di olio per la sua delicatezza e dolcezza e per il suo sapore che non sovrasta troppo” spiega Oldani, che ha una sua filosofia sull’utilizzo in cucina dell’olio di oliva che ovviamente deve essere sempre extra vergine.
“La mia è una cucina tradizionale dove vengono eliminati i soffritti e i grassi, quindi anche se l’olio di oliva extra vergine fa parte dei grassi non saturi deve essere usato con molta parsimonia e preferibilmente a crudo, altrimenti andrebbe a sovrastare il gusto dei piatti - afferma Oldani -. Se l’olio è buono riesce a dare il giusto profumo anche se ne uso solo un cucchiaino da caffé”.
Al D’O l’olio d’oliva viene utilizzato nella carta estiva e solo “nel 10% dei piatti perché reputo che non debba dettar legge in cucina. Non deve coprire la mano del cuoco che rappresenta lo specifico della mia professione. Per questo preferisco non utilizzare dieci tipi di olio diversi”. (Vinitaly Verona, 29 marzo - 2 aprile)