Pubblichiamo qui di seguito una nota ricevuta da Remo Ferrari, Presidente del Consiglio dei Priori, l'organo legislativo del Principato:
Egregio
Direttore,
confidando
nella Sua disponibilità e nella speranza che queste poche righe vengano
pubblicate, mi permetto proporLe, in merito alle vicende Seborghine, alcune
considerazioni.
Ad onor del
vero, più che di considerazioni, quanto in appresso, vuol essere un amaro sfogo
ed una denuncia del clima di malessere venutosi a creare nell’ambito, non solo
del Principato di Seborga, ma tra i Seborghini stessi, i quali , a suo tempo,
votarono in maniera democratica ed in ottemperanza degli statuti dettati da
S.A.S Giorgio I, al secolo Giorgio Carbone, l’attuale rappresentante del
Principato S.A.S Marcello I, al secolo Marcello Menegatto.
Quando mi
riferisco ai Seborghini , intendo i Seborghini veri, quelli che di generazione
in generazione costituiscono la popolazione autoctona di questa nostra terra,
gente semplice, magari neanche tanto istruita ma ricca di quella umile
caparbietà che a colpi di mazza, vanga e “magaglio” ci ha lasciato in eredità
tutto ciò che vediamo intorno: dalle fasce rubate alla collina con certosino
sacrificio, alle antiche pietre alle quali quotidianamente ci appoggiamo
passeggiando per i carrugi del borgo.
Gente Ligure,
dura e un po’ chiusa; forse un po’ ostica e sospettosa nei confronti del “foresto” ma generosa nell’animo ed
immensamente orgogliosa delle sue radici.
Tutto questo
il buon Giorgio lo sapeva e - a difesa di questo retaggio - aveva istituito la
figura dei rappresentanti del popolo, costituiti dai Priori, capi famiglia che
per retaggio generazionale ne erano e sono i portavoce
.
E’ indubbio
l’imput che Giorgio Carbone ha dato nel far conoscere in tutto il mondo Seborga
e la sua storia e, pur non volendo entrare nel merito, è indiscutibile
l’impegno che lo stesso ha profuso per ottenerne il riconoscimento di indipendenza
lasciandone, in eredità, l’incombenza a chi gli è succeduto.
E’ per questo
che a suo tempo il Sig. Giorgio Carbone fu acclamato a gran voce dal popolo
Seborghino (quello vero !) Principe di Seborga.
Ed è
altrettanto inconfutabile e fisiologico che Giorgio I, per raggiungere le mete
prefissate, si sia avvalso di personaggi esterni che, con grande entusiasmo, lo
hanno supportato sia dal punto di vista costituzionale, sia storico che
mediatico ed è grazie anche a loro che il “Sogno Seborghino” ha proceduto sino
ad oggi e di questo noi Umili Seborghini, siamo riconoscenti. Ma come in
ogni bella storia, seppur pregna di elevati intenti, emergono inesorabilmente i
risvolti meno nobili della medaglia.
Il fenomeno
mediatico “Seborga“ ha attirato sì, negli anni, sempre più consistenti frotte
di turisti e curiosi ma, insieme ad alcuni “addetti ai lavori” mossi da onesti
entusiasmi e sani intenti si sono, ricorrentemente, infiltrati personaggi di
dubbia attendibilità attirati da prospettive ed interessi che ben poco hanno a
che fare con la sacralità delle vicende storiche del Castrum Sepulcri.
Alla morte di
Giorgio Carbone (per noi Seborghini, Giorgio I) abbiamo assistito ad una
sistematica e bassa campagna denigratoria nei confronti di colui che - ripeto -
democraticamente è stato scelto a succedergli, insieme ai suoi ministri, da
quel popolo che Giorgio definiva Sovrano.
Siamo stati
testimoni di lotte intestine tra pseudo cavalierati che invece di rappresentare
e difendere il Principe ed il suo popolo si sono sparsi fuori dai confini dello
Storico Principato costituendosi, fuori da detti confini, in associazioni, a
parer loro, regolarmente costituite, associazioni notoriamente da sempre
aborrite dal defunto Principe.
Sempre in nome
della Sacralità e dell’aura esoterico/mistica che sprigiona da Seborga la
stessa è diventata sede
di Sette di ispirazione Mariana attualmente oggetto di denuncie da parte di ex
adepti, riemersi dal
vortice del plagio e poste sotto inchiesta dalle forze dell’ordine; nonché di
movimenti e/o neosette Templari capitanati più che da Gran Maestri, da Guru e
predicatori di discutibile connotazione e limpidezza i quali, sempre in nome
della Sacralità di cui sopra ed una molto personale interpretazione della religione
Cristiana propinata ai loro adepti mista ad una spiccata e nostalgica
predilezione per opinabili titoli nobiliari offendono e distorgono in maniera
blasfema la memoria degli antichi e veri Cavalieri Templari.
Da far pensare
che questa “moda dilagante di Templarismo a tutti i costi “ abbia fatto
rivoltare, negli ultimi tempi e più di una volta, nella tomba il buon Jacques
de Molay.
Tornando,
infine, alla realtà Seborghina quella che più mi stupisce e mi fa specie e la
notizia apparsa sul Blog in cui noi Seborghini siamo diventati sudditi di un
certo Signor “Massimiliano I”, anch’esso collezionista di Titoli Nobiliari ed
acclamato principe (scusatemi ma non me la sento di scriverlo con la p
maiuscola) da questi signori di cui si è fatto menzione in precedenza.
A questo
punto a noi umili villici, disarmati di fronte a tanta nobiltà e saccenterìa,
viene spontaneo domandarci: a cosa sono serviti gli statuti redatti dal caro Giorgio
I, aggiornati dall’attuale reggente Marcello I e dai suoi ministri ed infine
approvati dai Priori rappresentanti del Popolo?
A cosa porterà
questa dilagante pandemia di sedicenti “Principi di Seborga” autonominatisi
grazie
all’ausilio di
fantasiose congreghe, sia ben chiaro, non riconosciute dall’attuale Governo del
Principato.
Non sarà che
il 20 Agosto, Festa di san Bernardo, invece che festeggiare il Nostro Principe
Marcello I, dovremo
assistere alla sfilata dei vari pseudo “principi” di Seborga che nell
’infrattempo saranno stati eletti in altre sedi da altrettanti personaggi
frustrati ed incattiviti solo perche esclusi dalle attenzioni dei veri villici di
Seborga?
Non sarebbe
meglio che il tanto decantato “Grande Segreto” rimanesse a riposare custodito
dalla sacralità dei luoghi e da quei Seborghini che da secoli, per diritto
dinastico, ne sono i custodi?
Una cosa è certa: comunque siano le cose, il Popolo
Seborghino vuol vivere coi piedi per terra, orgoglioso custode della propria
identità e delle proprie radici, e non condizionato dalle farneticanti e
strampalate mire di personaggi che, dietro a motivazioni pseudo religiose,
nascondono interessi tutt’altro che sacrali.
Remo Ferrari
Il Capo dei Priori